Quando la passione per i videogame è una questione di nostalgia

L’industria dei videogiochi è una delle più vaste del settore dell’intrattenimento e da qualche anno a questa parte si alimenta del suo stesso passato. Anche se sono milioni i gamer che si affannano a fornire nuova linfa alla trentennale console war procacciandosi i sistemi all’ultimo grido come la PlayStation 5, c’è chi alle grafiche in altissima risoluzione e ai controller con una ventina di pulsanti preferisci i vecchi pixel e la classica croce direzionale. Il fenomeno del retrogaming è nato quando i grandi titoli degli anni ‘80 e ‘90 hanno iniziato a finire forse un po’ ingiustamente nel dimenticatoio. Eppure anche le software house hanno spesso dedicato ampio spazio alle vecchie serie, talvolta prolungandole con episodi nuovi di zecca. Basti pensare ai più recenti platform con protagonisti Super Mario o Sonic The Hedgehog.

Sebbene il mercato videoludico contemporaneo non abbia mai smesso di essere florido e di godere di un ruolo centrale, parallelamente si è sviluppato un mercato riservato specificatamente al retrogaming. Le console più richieste vengono individuate nel SEGA Mega Drive, nell’Atari 2600 e nel Nintendo 64, che ormai possono essere acquistate soltanto via web. Quando si trovano macchine o titoli ancora perfettamente inscatolati, per non parlare di fondi di magazzino rimasti invenduti per decenni, il prezzo può salire alle stelle. Per molti appassionati il retrogaming nasconde perlopiù un valore collezionistico. C’è comunque chi trova più comodo e divertente giocare ai titoli di una volta, senza l’ansia di dover imparare svariate combinazioni di tasti o di avvertire l’ansia della competizione, che al giorno d’oggi permea soprattutto i picchiaduro o le simulazioni sportive.

Dal punto di vista prettamente tecnologico, console e videogame del passato appaiono chiaramente datati, ma le loro edizioni fisiche vengono comunque trattate alla stregua di reliquie. A favorire il circolo del retrogaming non è soltanto l’estetica vintage o la maggiore semplicità delle istruzioni, che rendono l’esperienza molto più accessibile anche ai più piccoli. Nei veterani subentra soprattutto il fattore della nostalgia. A prescindere, alcuni giochi storici hanno lasciato effettivamente il segno nel tempo, come hanno dimostrato titoli come “Pac-Man” o “Tetris”, introducendo peraltro meccaniche e gameplay del tutto originali.

I titoli più moderni sono spesso infarciti di tutorial preconfezionati e ammaliano il giocatore con grafiche accattivanti, quasi cinematografiche, lasciando però immaginare che i produttori si concentrino quasi di più sulla forma che sulla sostanza. La concezione stessa del videogioco è quindi cambiata: fino ad una manciata di anni fa si impugnava il pad per sfidare la cpu o divertirsi insieme ad un amico al proprio fianco, oggi invece non esiste quasi gioco senza la possibilità di connettersi ad Internet e sfidare perfetti sconosciuti per ore ed ore, accendendo uno spirito agonistico totalmente assente nei prodotti usciti sul finire del secondo millennio.

Non si può negare che l’espansione della rete abbia notevolmente influenzato la fruizione dei videogame. Anche i più banali giochi virtuali si basano molto sulla connettività. Ne consegue che tra le ricerche sul web si prova sempre più spesso ad apprendere come migliorare le proprie “skill” in uno dei tanti giochi di ruolo per smartphone, oppure si consulta semplicemente una guida su come si gioca a blackjack o un tutorial sugli altri giochi di carte, praticati sempre di meno dal vivo. Se si pensa ai videogiochi propriamente detti, però, oggi i generi che vanno per la maggiore sono gli sparatutto, i titoli di combattimento e quelli dedicati al calcio e ai motori. Ah no, era così già negli anni ‘90. Ecco perché i retrogamer non abbandonano mai del tutto lo scenario attuale…